
Negli ultimi decenni, il mondo della medicina ha visto una trasformazione senza precedenti. Da una professione tradizionalmente ancorata alla clinica e all’interazione umana, la nostra pratica si è evoluta, abbracciando la tecnologia in modi che pochi avrebbero immaginato. Oggi, strumenti come l’intelligenza artificiale, i dispositivi indossabili e i software di supporto decisionale fanno parte della nostra realtà quotidiana.
Ma questa evoluzione tecnologica ha portato a una domanda interessante: può un medico diventare anche un innovatore tecnologico? O, per dirla in modo più scherzoso: “È davvero vero che i medici non sanno usare il computer?”
La convergenza tra medicina e tecnologia
La medicina non è più un’isola separata dalla tecnologia. Negli ultimi anni, abbiamo visto un’integrazione sempre più profonda tra queste due discipline. Dai sistemi di supporto decisionale basati sull’evidence-based medicine alla telemedicina, passando per gli algoritmi di intelligenza artificiale, è chiaro che la tecnologia non è più solo un supporto, ma un vero alleato nella pratica clinica.
Eppure, molti di questi strumenti non nascono da programmatori o aziende tecnologiche, ma da medici stessi che hanno deciso di avvicinarsi al mondo della programmazione per risolvere problemi concreti. La motivazione è semplice: chi meglio di un medico conosce le difficoltà che affrontiamo ogni giorno sul campo?
Il medico-programmatore: un nuovo profilo professionale?
Oggi, sempre più medici stanno scoprendo il potenziale della programmazione e dell’informatica per innovare la pratica clinica. Non è necessario essere esperti sviluppatori, ma imparare le basi della tecnologia e capire come applicarla permette di trasformare le idee in soluzioni.
Un report recente mostra che il 30% delle startup med-tech è guidato da professionisti sanitari. Sempre più medici si avvicinano al mondo del coding e del design thinking per creare strumenti che non solo migliorano il nostro lavoro, ma rispondono a bisogni reali che chi non ha esperienza clinica spesso non comprende appieno.
Anche io, come molti colleghi, mi sono trovato a riflettere su come la tecnologia potesse risolvere uno dei problemi più complessi del nostro lavoro: prendere decisioni rapide, precise e basate sulle evidenze in situazioni di emergenza. Da questa riflessione è nato il progetto EMSy.
EMSy: un progetto scientifico per il futuro
EMSy è nato proprio dall’idea di unire medicina e tecnologia. Come medico, ho vissuto in prima persona la difficoltà di prendere decisioni rapide in contesti critici, spesso senza avere il tempo di consultare linee guida o protocolli complessi. Sapevo che doveva esserci un modo migliore.
Grazie all’integrazione dell’intelligenza artificiale, EMSy si è sviluppato come un progetto scientifico che mira a supportare i medici nelle loro decisioni cliniche più complesse. EMSy rappresenta un primo passo in una direzione che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più strutturato, se troverà una buona accoglienza nella comunità medica.
Non è ancora un software commerciale o un prodotto finito, ma un’idea che si sta concretizzando, nata dal desiderio di migliorare il nostro lavoro e, soprattutto, i risultati per i pazienti.
L’IA non ruba il lavoro, lo migliora
Un argomento spesso discusso quando si parla di intelligenza artificiale è la preoccupazione che questa tecnologia possa “rubare il lavoro” ai professionisti. Ma nella realtà, l’IA non è qui per sostituirci, bensì per potenziare ciò che facciamo meglio.
Nel contesto medico, l’IA può aiutarci a essere più precisi, più rapidi e più efficaci. Non ci priva della nostra umanità, ma ci consente di concentrarci su ciò che conta di più: il paziente. EMSy è un esempio di come la tecnologia possa essere un alleato, offrendo un supporto pratico e basato sulle evidenze per migliorare la qualità delle decisioni cliniche.
Uno studio pubblicato su The Lancet Digital Health ha mostrato che i sistemi di supporto decisionale basati sull’IA possono ridurre del 25% gli errori clinici nelle situazioni di emergenza (Smith et al., 2021). Questo non significa sostituire il medico, ma affiancarlo nei momenti in cui ogni secondo è prezioso.
Una nuova era per la medicina
Credo fermamente che questa sia solo l’inizio di una nuova era per la medicina (e non solo). Non tutte le tecnologie sono positive, ma siamo noi, esseri umani e professionisti ad impegnarci per far si che la tecnologia non sostituisca le professioni umane(come il medico), ma che sia in grado di potenziare il nostro lavoro, rendendolo più rapido, preciso e sicuro.
E tu? Cosa pensi del rapporto tra medici e tecnologia? Davvero “i medici non sanno usare i computer”, o siamo pronti a dimostrare il contrario? Scrivilo nei commenti, e continua a seguirmi per scoprire di più sul progetto EMSy nelle prossime settimane.
Komen